Nessuna squadra italiana è tra le prime otto della Champions, la coppa che misura la forza di un paese nel calcio internazionale. Da tre anni non arriviamo in semifinale (ci riuscì la Roma nel 2018) e complessivamente nelle ultime tre stagioni abbiamo qualificato ai quarti solo due formazioni: la Juve di Allegri nel 2019, eliminata dall’Ajax; l’Atalanta nella scorsa stagione, fatta fuori dal Psg.
In questo stesso periodo - tre anni appunto - l’Inghilterra ha portato nei quarti 8 squadre, la Spagna e la Germania 4, la Francia 3. Solo dopo veniamo noi e il Portogallo con 2 e l’Olanda con una. Non siamo dunque peggiori (e parecchio) solo delle nazioni più celebrate del calcio internazionale, ma anche della Francia, alla quale spesso guardiamo con presunzione, e siamo pari al Portogallo, che trattiamo come un Paese di retroguardia nel mondo del pallone. In realtà lo siamo pure noi e non può essere l'Europa League di Milan e Roma a cambiare giudizio.
Atalanta e Lazio sono due squadre che ci hanno riempito gli occhi nelle ultime stagioni, forse le più brillanti e vive del nostro malandato campionato. Ebbene, appena hanno incrociato due grandi d’Europa, il Real e il Bayern, ogni bellezza è stata spazzata via: la differenza è stata enorme. Nessuno chiedeva a Gasperini e Inzaghi di qualificarsi, sia chiaro, ma entrambi avevano la legittima ambizione di infastidire due avversarie così quotate: non ci sono riuscite. Nello stesso tempo quando le nostre due squadre più complete, Juve e Inter, si sono confrontate con rivali decisamente abbordabili - il Porto e lo Shakhtar - non sono riuscite a far prevalere la loro superiorità tecnica, che pareva indiscutibile.
E sono state eliminate: i nerazzurri addirittura nel girone eliminatorio, i bianconeri negli ottavi.
Perché ci siamo ridotti così? I motivi sono tanti, a cominciare dalla qualità dei calciatori. E anche dalla loro età. Le regine d’Europa propongono campioni nel pieno della carriera, da noi imperversano stelle di 35 anni e passa, tipo Ibrahimovic e Ronaldo.
Li celebriamo e li osanniamo, ma siamo sicuri che altrove avrebbero lo stesso impatto che hanno sulla Serie A? Si ha la sensazione che il nostro torneo permetta anche a chi non è al massimo dal punto di vista atletico - e non può esserlo un giocatore che va verso la quarantina - di essere dominante. Altrove l’intensità del gioco è infinitamente superiore, lo si è visto bene in Real-Atalanta: i bergamaschi, che in Serie A sono quasi incontenibili dal punto di vista fisico, arrivavano sempre sulla palla dopo i vecchi di Zidane, a cominciare da Modric. Un segnale indicativo e inquietante.E’ arrivato il momento di prendere atto della nostra triste situazione e di intervenire, visto che dal 2015-2016 non eravamo senza squadre nei quarti di Champions. Le società italiane devono adoperarsi per avvicinare le grandi d’Europa per capacità di investimenti, gli allenatori e i preparatori devono lavorare affinché anche le nostre squadre corrano. Ma sul serio.
Autore: Emanuele Morabito
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