Minuto 62, nel momento in cui il Borussia regala forse qualche bagliore in più, che Antonio Conte decide di togliere dal campo un Romelu Lukaku che non ha offerto sicuramente la sua migliore versione in campo, e di gettare nella mischia nientemeno che… Sebastiano Esposito, classe 2002 da Castellammare di Stabia, che dopo il debutto d’emergenza in Europa League della scorsa stagione contro l’Eintracht Francoforte scende in campo nella competizione europea più prestigiosa, e non per necessità ma per precisa volontà dell’allenatore. In una situazione normale, in un contesto come quello al quale siamo abituati, la mossa di mandare in campo un giocatore che non ha nemmeno la patente verrebbe immediatamente bollata come una mossa suicida. Ma nell’Inter, nel bene e nel male, niente è mai normale. E allora capita che questo ragazzino, questo predestinato, scenda in campo nella partita forse più importante di questa stagione e in breve tempo faccia dimenticare a tutti quella che è la sua carta d’identità.
Ha sorpreso tutti, Sebastiano, per l’incredibile dose di personalità che ha saputo mettere in campo in questi benedetti 30 minuti. Che lo ha portato a dimenticare in fretta l’emozione per aver esaudito quello che è il sogno di ogni bambino che gioca a calcio e a metterci sul campo tutta la voglia di spaccare il mondo che lo porta a lottare su ogni pallone, a pressare, a ingabbiare i difensori avversari. Arrivando al punto di decidere di portarne a spasso due volando in area di rigore e costringendo uno di loro a buttarlo a terra condannando la sua squadra a subire un penalty, e quel qualcuno non è uno qualsiasi ma Mats Hummels, uno di quelli che qualche anno fa alzava al cielo del Brasile la Coppa del mondo con la maglia della Nazionale tedesca. E pazienza se poi si lascia andare ad un’esultanza che gli costa un rimbrotto nel dopopartita da Esteban Cambiasso, se Lautaro Martinez quel rigore lo sbaglia e lui forse vede forse casca per un breve e infinito istante nel tunnel dell’emozione floppando completamente un tap in che forse non avrebbe errato nemmeno con la maglia della Primavera: quella giocata, fatta al cospetto di gente che vanta enne volte la sua esperienza a livello Mondiale, la dice lunga, tanto lunga, sulle qualità di questo ragazzo.
Già, il Mondiale. Già, il Brasile. Risuonano ancora le eco di quella polemica assurda e gratuita montata per chissà quale motivo dopo la decisione dell’Inter di non far partire il ragazzo per il Mondiale Under 17 in programma in Brasile proprio fra pochissimi giorni. La storia è nota: Alexis Sanchez si opera, l’Inter si ritrova a corto di attaccanti, ma piuttosto che tentare la strada degli svincolati decide di dare responsabilità al ragazzo inserendolo in prima squadra, sacrificando la sua presenza nella kermesse internazionale giovanile. Qualcosa che il club aveva pieno diritto a fare, eppure qualcuno, che magari ignorava l’esistenza di un Mondiale Under 17 e soprattutto ignorava il fatto che non essendo competizione calendarizzata dalla Fifa non vige l’obbligo dei club di concedere i loro giocatori convocati, si è divertito a montare un attacco al club del quale si fa fatica a trovare motivazioni e soprattutto il senso.
Ma come si dice, il tempo è galantuomo. Antonio Conte prima ha provveduto a rintuzzare questa sterile querelle, prima con le parole poi con i fatti, riservando al ragazzo uno spazio in una partita cruciale nella competizione più bella del mondo per club, vetrina sfruttata come meglio non si poteva, forse. Siete sicuri che tutto questo non valesse un bel baratto con un Mondiale giovanile, magari pensando di poter giocare quello dei più grandi in un giorno tanto lontano.
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